- La tragedia di Paolo Mendico riaccende con prepotenza la necessità urgente di affrontare il fenomeno crescente della violenza giovanile e del bullismo in particolare
- Secondo i familiari la responsabilità del gesto di Paolo ricade sui compagni e sulla scuola ‘che ha fatto cadere nel vuoto le nostre denunce’, precisano
di Bruno Trinca
Latina 18 settembre 2025 – La comunità di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, è stata scossa da una tragedia che ha riacceso il dibattito nazionale sul bullismo e la salute mentale degli adolescenti. Paolo Mendico, quattordicenne studente dell’Istituto Tecnico Informatico Pacinotti, si è tolto la vita l’11 settembre scorso, poche ore prima dell’inizio del nuovo anno scolastico. Un gesto estremo che, secondo le testimonianze dei familiari, sarebbe stato preceduto da anni di vessazioni, insulti e isolamento, sia dentro che fuori le mura scolastiche.

Un ragazzo sensibile, vittima di un sistema che non ha saputo proteggerlo
Paolo era descritto come un ragazzo introverso, appassionato di musica, legato alla famiglia e con buoni risultati scolastici. Eppure, fin dalle elementari, era stato bersaglio di soprannomi offensivi come “Paoletta” o “Nino D’Angelo”, aggressioni fisiche nei bagni della scuola e scherni da parte di compagni e, secondo alcune denunce, persino di insegnanti. Nonostante i cambi di istituto, le persecuzioni non si sono fermate. La sera prima del suicidio, Paolo aveva scritto ai compagni sulla chat della classe: “Conservatemi un posto in prima fila a scuola”, un messaggio che oggi suona come un addio straziante.
“Mio figlio era diverso da tutti, perché mio figlio era un ragazzo puro, cristallino, non diceva parolacce», racconta la madre. «Addirittura qualche professore ha definito mio figlio un bonaccione, perché lo sentiva intervenire in classe quando qualche compagno diceva parole inappropriate. Lui subito si allarmava. Forse proprio questo suo modo di essere così spontaneo dava fastidio ai suoi coetanei, che non erano affatto così: erano irrispettosi”.

Le istituzioni sotto esame
La Procura di Cassino ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio e ha disposto il sequestro dei dispositivi elettronici di Paolo e di alcuni coetanei, per indagare su possibili episodi di cyberbullismo. Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha subito annunciato ispezioni presso l’Istituto Pacinotti e le scuole medie frequentate dal ragazzo, per verificare il rispetto dei protocolli anti-bullismo.
Infatti, martedì, due ispettori del ministero dell’Istruzione e del Merito sono arrivati all’istituto comprensivo Guido Rossi, dove Paolo ha frequentato le elementari e parte delle medie. Prima di cambiare scuola perché, racconta la mamma, «i professori proteggevano un bullo».
Nel frattempo, l’assessore comunale alla Pubblica Istruzione, Ester Del Giudice, ha dichiarato giovedì mattina a Radio 24 (‘Uno, nessuno centoMilan) di aver segnalato già nel settembre precedente episodi di tensione tra studenti dell’Istituto Pacinotti, attivando interventi di prevenzione come lo sportello psicologico e incontri con il referente anti-bullismo.
Ma nonostante credessero che il fenomeno fosse ‘rientrato’, secondo Del Giudice, le risposte degli studenti coinvolti erano spesso minimizzanti, definendo le aggressioni come “goliardia”.
E il padre di un ragazzo con disabilità dice al Messaggero: «Anche mio figlio è stato preso di mira da un gruppo di bulli, tutti sapevano. Sono dovuto intervenire più volte. Finché un giorno ho minacciato la scuola dicendo che se non avesse fatto nulla mi sarei presentato con i carabinieri».
Una ragazza che chiede l’anonimato racconta il calvario suo e del fratello: «Veniva continuamente preso in giro, tanto che alla fine ha dovuto cambiare scuola. Sono passati diversi anni, la dirigenza è cambiata, ma l’approccio sembra essere lo stesso».
Un fenomeno in crescita: bullismo e disagio giovanile
La vicenda di Paolo non è un caso isolato. Secondo i dati ISTAT 2025, il 68,5% dei giovani tra gli 11 e i 19 anni ha subito almeno un comportamento offensivo o violento nell’ultimo anno, e il 21% lo ha vissuto con frequenza mensile. La pressione estetica, le aspettative di genere e l’abuso dei social media contribuiscono a un clima di insicurezza e fragilità emotiva. Otto adolescenti su dieci dichiarano di criticare il proprio corpo, e più della metà modifica il modo di vestirsi per paura dei giudizi.
Un appello alla responsabilità collettiva
Il suicidio di Paolo Mendico è un monito doloroso. Non basta attivare sportelli psicologici o protocolli formali: serve una rete di ascolto reale, una cultura scolastica inclusiva e una responsabilità condivisa tra famiglie, insegnanti, istituzioni e studenti. Il bullismo non è “goliardia”, ma una forma di violenza che può spezzare vite.
La memoria di Paolo deve diventare un punto di svolta. Perché nessun ragazzo debba più sentirsi solo, invisibile o senza via d’uscita.




