15 Settembre 2024

di Gabriele Romagnoli

“Dall’inazione di una stagione politica e istituzionale inconcludente sulle nostre rivendicazioni, siamo passatə a una fase di concreta e spudorata ostilità, che investe non solo la comunità LGBTQIAK+ ma in generale tutti gli strati più vulnerabili della società. È ancora una volta in atto il tentativo di costruire un nemico, ai fini di una propaganda che riporta la memoria collettiva al momento più basso e oscuro della nostra storia. È per questo che rivendichiamo con tutta la risolutezza e l’orgoglio di cui siamo capaci la fondamentale anima antifascista della nostra lotta.”

Queste le parole apparse nel manifesto dell’evento intitolato ‘Queeresistenza’ che hanno portato il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca alla revoca del patrocinio regionale del Pride romano. Ora per fortuna il Pride si è svolto grazie alla concessione del patrocinio della citta di Roma Capitale, ma lo scontro è ormai aperto ed è più grande di una manifestazione.

“Il governo italiano ha esplicitamente dichiarato guerra alle famiglie arcobaleno, a spese delle nostre figlie e dei nostri figli… Contiamo sulle energie di una società che sappiamo essere migliore di chi pretende di rappresentarla ed è questa società che invitiamo a unirsi al Pride, a unirsi alla nostra lotta per la liberazione di tuttə… Il Pride è parte di un processo di rivoluzione sessuale e sentimentale per tutti e tutte. Si tratta di un percorso di libera affermazione di sé che punta alla libertà e al rispetto di ogni espressione sessuo-affettiva.”

Come guardare alla scelta di Rocca? Una giusta risposta istituzionale ad un manifesto dai chiari toni sovversivi? La paura del ritorno di un comunismo sotto vesti non rosse, bensì arcobaleno? La paura di guerre civili, di rivolte di giovani donne e uomini armati della falce della pazienza e dei martellanti fiori dell’autodeterminazione?

Oppure un pretestuoso volta faccia, bramato ormai da anni, per impedire una manifestazione tanto importante per la comunità LGBTQIAK+ e non solo? Un attacco senza fronti ai diritti sociali “conquistati” con le unghie e con i denti da una giovane forza popolare che ancora deve fare i conti con un ricambio generazionale che non arriva, non si fa vedere, che soffoca?

Una cosa è certa, la storia la scrivono i vincitori, i vincitori “eletti” dalla minor maggioranza nella storia italiana. Ma il popolo si è espresso e dunque è giusto. L’Italia vuole così, vuole andare avanti seguendo il passo del gambero, rincorrere la luce come la talpa, proteggersi da mulini a vento dalle pale arcobaleno, spaventosi, minacciosi, rivoluzionari.

“Le configurazioni familiari sono infinite, sia dentro che fuori il Pride. I nostri cortei le vogliono rappresentare tutte per dare voce anche a chi non si riconosce nel modello di coppia monogama… Pertanto diamo voce alle relazioni non monogame etiche e alle loro configurazioni familiari, compresə i bambini e le bambine che vengono desideratə e allevatə in tali realtà di amore e sincerità. Famiglia è dove si cresce, si impara, si diviene, ci si autodetermina.”

Questa la risposta della Regione Lazio: “Il testo viola le condizioni di rispetto esplicitamente richieste nei confronti delle sensibilità dei cittadini del Lazio e rivendica l’imposizione della legalizzazione di azioni illegali e vietate dall’ordinamento italiano ( nel testo citato si parla per 3 misere righe della pratica dell’utero in affitto). La firma istituzionale della Regione Lazio non può, né potrà mai, essere utilizzata a sostegno di manifestazioni volte a promuovere comportamenti illegali, con specifico riferimento alla pratica del cosiddetto utero in affitto.”

Questa invece la risposta delle pericolose ed illegali zecche multicolore: “La nostra è una lotta collettiva che viene da lontano. È stata e resta una lotta per la liberazione delle nostre identità di genere, dei nostri orientamenti sessuali e/o affettivi e delle nostre sessualità.

Non esiste libertà senza liberazione e non esiste liberazione senza giustizia sociale, contro ogni disuguaglianza.”

La lotta è ormai iniziata. Istituzioni contro comunità intestine, radicate, un copione che si ripete.

La legge certo è chiara, il potere può e deve munirsi con orgoglio e sagacia dell’agire pretestuoso, velare i veri intenti. L’utero in affitto è illegale, un abominio contro natura (come si fosse ancora una natura alla quale appellarsi)

La legge umana è altrettanto valida, l’amore libero e l’autodeterminazione dell’individuo necessarie.

 Che vinca la Giustizia.