Si è alzato un polverone sugli apparentamenti per il ballottaggio ed ogni lista ha la sua visione, ognuno dice la “sua”. Servadio ha le idee chiare e le espone in questa nota che rende pubblica
“Si vogliono riportare indietro le lancette dell’orologio ad un dibattito ideologico. È esattamente quello che vuole il nuovo corso del PD, riproporre una contrapposizione tra post fascisti e post comunisti con bandiere e sciarpe al vento, cori da stadio, il cuore gonfio di soddisfazione. Poi torniamo a casa e il giorno dopo ricominciamo, andiamo a lavoro e la fatica per vivere aumenta sempre di più con i soliti problemi che si aggravano. Le tasse aumentano, i servizi peggiorano e il carrello della spesa è sempre più leggero. Ci impoveriamo sempre di più e le distanze con gli altri paesi aumentano, naturalmente la nostra rabbia sale e la gente incazzata vota, quando vota, sempre di piu per chi rappresenta il populista di turno.

Vogliono riportarci allo stadio ad una perenne oggi quanto inutile guerra tra fascismo e comunismo come 80 anni fa, tempo in cui tutto questo aveva un senso. Noi non ci stiamo più. Dietro questo refrain si sono costruite carriere personali e politiche. Perché lo possiamo dire che da oltre 30 anni la classe politica – tranne qualche rara eccezione – ha espresso il peggio di sé .Questo vale a “sinistra” come a “destra” e il clima contagia un po’ tutti, compreso il sottoscritto. Basta dirsi antifascista e dall’altra parte anticomunista, ovviamente termini sostituiti da destra e sinistra per la vergogna, e parte la claque di petroliniana memoria.
Siamo arrivati al 2023 e vogliono riportarci al punto di partenza. Ai riformisti autentici non mancano i valori ma sentono il dovere di creare le condizioni per realizzare ciò che serve per migliorare la vita delle persone consapevoli che a volte come si dice in gergo politichese ci “si sporca le mani”.

L’unico periodo in cui il riformismo ha governato è dal 2008 al 2018 e ha un solo nome, Fausto Servadio. In quel periodo si sono abbassate le bandiere e si è lavorato intensamente per la città in una situazione difficile e si è portato a casa molto anche in collaborazione con una Regione governata da una coalizione di destra e anche in quella occasione la “sinistra sinistra” si faceva venire i mal di pancia entrando e uscendo dalla maggioranza.
Oggi ci risiamo. Decidiamo di andare da soli alle elezioni con Servadio per il fallimento dell’esperienza Pocci con una maggioranza sinistra/destra e altro che non saprei definire, diventiamo per la matematica ago della bilancia e ci dividiamo per la scelta di Fausto di appoggiare Cascella con un accordo programmatico e un ruolo di garanzia perché è di destra?
Certo la cosa può provocare turbamento e lacerazione ma pensando e ripensando la scelta di è una scelta autenticamente riformista: se si realizza il programma i veliterni vivranno meglio o no? Questa è la domanda che ciascuno deve farsi.
Nell’accordo con Cascella non si condividono le posizioni politiche né di Salvini né della Meloni, distanti anni luce dal sottoscritto e da chi condivide questa scelta, solo qualche sprovveduto può pensarlo. Ognuno di noi rimane delle sue idee.

L’accordo è sulle cose concrete: riportare i servizi tolti all’Ospedale Colombo, la realizzazione di una stazione ferroviaria e di una zona artigianale pesante ai 5 archi, parcheggi al centro. Di questo si parla e non di altro, temi che farebbero vivere meglio tutti noi e che lasciammo in sospeso 5 anni fa, temi condivisi nero su bianco con Cascella ed i suoi.
Questo clima tutto ideologico cerca di alzare un polverone che tenta di cancellare un quinquennio di inconsistenza amministrativa nonostante la filiera positiva Regione/Governo del duo Pocci/ Favetta e dei suoi alleati che non sono certo il faro del progressismo di sinistra e fa perdere di vista le cose concrete.
Quindi avanti con Cascella, nella speranza di essere compresi dai nostri elettori e dai cittadini che hanno a cuore le sorti della nostra Velletri”.