La Procura di Latina indaga sulle cooperative che si occupavano dell’accoglienza dei migranti. Sequestrati oltre 2 milioni di euro
Latina (Lt) – E’ fissato per venerdì l’avvio degli interrogatori di garanzia, davanti al gip di Latina, per le persone raggiunte da misura cautelare nell’ambito dell’indagine su alcune cooperative che si occupavano di migranti e gestite dai familiari di Aboubakar Soumahoro.
Il giudice ha fissato gli interrogatori per la moglie del parlamentare Liliane Murekatete e per la suocera Marie Therede Mukamatsindo.
Oltre alle due donne, i militari della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione ad una terza misura cautelare, l’obbligo di dimora, per un figlio della suocera del deputato.
Le misure riguardano appartenenti al consiglio di amministrazione della cooperativa sociale integrata Karibu. Nei loro confronti le accuse sono, a vario titolo, di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio.
“Prendo atto della misura applicata a mia moglie Liliane, null’altro ho da aggiungere o commentare, se non che continuo a confidare nella giustizia. Ribadisco, come è agli atti, la mia totale estraneità a tutto e chiedo nuovamente di rispettare la privacy di mio figlio“, ha commentato Soumahoro.
Nell’ordinanza di oltre 150 pagine il gip ricostruisce quello che definisce “un collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti, adoperati dalla Karibu nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019“.
Una struttura “delinquenziale organizzata a livello familiare che negli anni (almeno dal 2017 in poi) non ha fatto nient’altro rispetto all’attività criminale oggetto delle imputazioni“, si legge nelle carte. Dall’esame della corrispondenza mail con i collaboratori tutto era gestito da Murekatete che “autorizza pagamenti, organizza incontri istituzionali finalizzati – scrive il gip – a trovare nuovi sbocchi lavorativi per la cooperativa“. Per il giudice le “condotte risultano volontarie e consapevolmente mirate ad un risparmio di spesa (e successiva distrazione) dei fondi pubblici percepiti. Il dato oggettivo e contabile, non superabile, è che buona parte del denaro ricevuto non è stato adoperato per le finalità preposte“.
Una parte dei fondi sono stati trasferiti, si tratta di circa mezzo milione di euro, in Ruanda, Belgio e Portogallo e reimpiegati in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle “finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e richiedenti asilo” per l’acquisto di gioielli, capi firmati soggiorni in alberghi, ristoranti e centri estetici.
Dall’ordinanza del gip di Latina emerge, inoltre, che uno degli indagati “avendo la disponibilità delle credenziali di accesso al conto corrente principale della Karibu e della Coop Jambo, ha potuto disporre, a suo piacimento, delle risorse pubbliche erogate per la gestione dei migranti, trasferendo ingenti risorse di denaro pubblico a favore di se stesso oltreché verso l’estero ed in particolare in Ruanda dove lo stesso ha avviato prima l’apertura di un Supermercato e, successivamente, di un ristorante sotto l’insegna “Gusto Italiano””.
La Gdf, inoltre, ha proceduto al sequestro di circa due milioni di euro (1.942.684,18). Gli indagati non hanno esitato a disfarsi della documentazione della coop finita al centro dell’indagine: i Finanzieri hanno, infatti, accertato che parte degli atti contabili è stata trovata nella raccolta differenziata.