6 Dicembre 2024

Desirèe Mariottini, una lunga sequenza di fatti criminosi prima della morte 

La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha disposto un secondo processo d’Appello

di Redazione


Roma (Rm) – A condurre alla morte Desirée Mariottini la mattina del 18 ottobre del 2018 fu una «lunga sequenza di eventi criminosi» . È quanto scrivono i giudici di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui avevano fatto cadere alcune delle accuse nei confronti dei quattro imputati, disponendo un secondo processo di Appello per Mamadou Gara, condannato all’ergastolo, in relazione all’accusa di omicidio, per Brian Minthe, condannato a 24 anni e mezzo in appello, in relazione all’accusa di cessione di stupefacente e per cui è caduta un’aggravante, e per Yousef Salia, condannato all’ergastolo, per il quale era caduta l’accusa di violenza sessuale.

Gli eventi scrivono ancora i giudici si sviluppavano lungo diverse ore. “La somministrazione di sostanze stupefacenti ingerite dalla vittima fin dalla mattina e che le causarono l’overdose, furono accompagnate dalla mancata attivazione dei soggetti presenti nella “sala del crack”, dove la minore era stata lasciata agonizzante su un letto senza essere soccorsa“.

Per i magistrati non vi è alcun dubbio che «gli imputati erano a conoscenza della condizione di estrema debilitazione psico-fisica della minore prima di morire, essendo stata l’overdose provocata dalla reiterata somministrazione di sostanze stupefacenti – tra cui metadone, cocaina ed eroina – avvenuta all’interno di locali in cui erano presenti. Tale consapevolezza è ulteriormente dimostrata» dal «tentavano di rianimarla, schiaffeggiandola, versandole acqua sul viso e facendole ingerire una miscela di acqua e zucchero, fino a quando, resisi conto di non essere in grado di farla riprendere, la lasciavano agonizzante sul letto della stanza dove veniva trovata priva di vita».

Per quanto riguarda la posizione di Mamadou Gara, difeso dall’avvocato Ilaria Angelini, per i supremi giudici non è accertato che l’imputato fosse presente sulla scena del crimini quando la ragazza è morta. Su questo punto la sentenza di Appello non fa chiarezza «affermando che Gara si allontanava dall’edificio abbandonato in concomitanza con il trasporto del corpo della vittima dal container, dove era stata violentata, alla “sala del crack” dove veniva adagiata esanime su un letto. Ne consegue che nella parte conclusiva della serata del 18 ottobre 2018, nella quale si sarebbero concretizzate le condotte omissive, qualificate da un obbligo di attivazione, il ricorrente sembrerebbe essersi allontanato dall’immobile senza più farvi ritorno, non partecipando alle fasi concitate che precedevano la morte della minore, verificatasi tra le ore 23.50 del 18 ottobre 2018 e le ore 0.50 del giorno dopo», concludono.

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